il portale della Fanteria d'Arresto

Approfondimenti e Ricerche

Qui sotto si accennerà al possibile attacco alla soglia di Gorizia (con un'indicazione delle forze avversarie e dei mezzi corazzati di probabile impiego), alla difesa alla frontiera negli anni '60, alla prevista utilizzazione di agenti e aggressivi N.B.C. (Nucleari Batteriologici Chimici) e all'indicazione dei passaggi dalla categoria dei beni del demanio pubblico militare a quella dei beni patrimoniali dello Stato delle opere dell'ex fortificazione permanente.

Il "Comitato per la storia della Fanteria d'Arresto" sta effettuando una massiccia ricerca su:

Soglia di Gorizia: un possibile scenario
Con informazioni tratte da: "Marco De Andreis - (Irdisp) Quale disarmo - 1984"

"La soglia di Gorizia - ha scritto un generale italiano - è l'unica vera rotta d'accesso dall'est alla parte settentrionale del bacino mediterraneo e alla penisola italiana" (1).
In ogni caso, era un fronte secondario: il principale era considerato quello nord-europeo.
La soglia di Gorizia coincideva sostanzialmente con l'ex confine italo-jugoslavo, mentre le Alpi rappresentavano una barriera naturale contro un'eventuale invasione proveniente dal territorio austriaco.
Le tre direttrici di penetrazione ipotizzate per attuare l’invasione dell’Italia erano:
- passando per Vienna-Klagenfurt-Villach-Udine-Verona;
- passando per Innsbruck-Bolzano-Verona;
- attraverso la soglia di Gorizia e Trieste, per arrivare sino a Verona.
Le truppe del Patto di Varsavia che avrebbero dovuto operare in Italia erano considerate quelle provenienti dall'Ungheria. Il grosso delle forze ungheresi consisteva in 1 divisione corazzata e in 5 divisioni di fanteria motorizzata.
Quanto a prontezza operativa, la divisione corazzata e due di quelle di fanteria motorizzata erano considerate di seconda categoria (2), le tre restanti di terza categoria: avevano in tutto 1200 carri armati T-54/55, risalenti agli anni ’50 e un centinaio di T-72, più moderni.
Comunque, per arrivare al nostro confine, queste forze del Patto avrebbero dovuto passare attraverso l'Austria e/o l'ex Jugoslavia, dove avrebbero incontrato una seria opposizione, in entrambi i casi. Solo una frazione di queste forze, quindi, se la sarebbe poi vista con le forze armate italiane che, ricordiamolo, avevano il considerevole vantaggio di conoscere bene il terreno.

1. G. Donati, "The Defence of North-East Italy", 'NATO's Sixteen Nations', maggio-giugno 1983.
2. Nel Patto di Varsavia le divisioni di prima categoria erano completamente equipaggiate in uomini e mezzi e pronte al combattimento nel giro di 24 ore. Le divisioni di seconda categoria avevano tutti i mezzi da combattimento previsti, ma solo il 50-75% del personale; la pianificazione prevedeva che il 100% venisse raggiunto in tre giorni, con piena operatività in un mese. Le divisioni di terza categoria erano quelle quadro: equipaggiamento forse completo ma composto dai mezzi più vecchi, col 20% del personale; la pianificazione prevedeva che il 100% venisse raggiunto in otto/nove settimane.


I carri del Patto di Varsavia

Probabilmente, sarebbero stati impiegati il T-54 e il suo successore T-55, che hanno costituito l'ossatura delle forze del Patto di Varsavia per tutto il periodo della Guerra Fredda, con l'ausilio di carri più moderni come il T-62, il T-64 e il T-72.
Nella confinante Jugoslavia (non allineata) erano presenti anche i tecnologicamente superati T-34.

Carri armati di probabile impiego
T-54 e T-55
Il T-54 è stato il primo carro armato medio realizzato dai sovietici nel dopoguerra (1950).
Era semplice e molto economico, pesante 35 t, con motore diesel da 520 HP, dotato di un cannone da 100 mm e corazze da 100-200 mm, ben inclinate. Ha avuto grandissima diffusione anche nei modelli migliorati T-55/59/69 restando in produzione per decenni: oltre 50.000 sono stati gli esemplari prodotti.
Il T-55 (1960) era una evoluzione del T-54. La nuova versione fu sviluppata principalmente per dotare i carri sovietici di protezione NBC più efficiente di quella, rudimentale, realizzata nel 1956 per il T-54.
         

Il T-55 fu equipaggiato con il motore a 12 cilindri da 38,88 l che sviluppava 581 HP (433 kW).
La differenza, immediatamente visibile, tra i due carri è l'adozione nel T-55 di un estrattore di fumi sul cannone e il conseguente abbandono della ventola "a fungo" sul cielo della torretta, che caratterizzava il T-54.
Erano in grado di affrontare le controparti occidentali della stessa epoca, ma dalla seconda metà degli anni '80 si rivelarono inadeguati, perché le loro corazze potevano essere perforate da qualsiasi arma che utilizzasse munizioni APFSDS o HEAT.
Armamento primario
Cannone: D10T da 100/55 mm a canna rigata, colpi a disposizione 34 (T-54) o 45 (T-55)
Armamento secondario
• Mitragliatrice coassiale PKT: calibro 7,62 mm (con 2500 colpi)
• Mitragliatrice contraerea DSkM: calibro 12,7 mm (con 500 colpi), assente sui primi modelli di T-55
Corazzatura
Scafo: acciaio saldato, 100 mm anteriore a 55° - lati 80mm - fondo 20 mm
Torretta: acciaio fuso, inclinazione variabile, max. 203 mm frontale.


T-72
Il T-72 è un carro armato da combattimento sovietico entrato in produzione nel 1971: sviluppo del T-62, è stato migliorato fino ad arrivare al T-90.
Dotato di un cannone da 125 mm, corazze dapprima convenzionali e poi in materiale composito, motore diesel policarburante da 780 HP, era un carro pesante 41,5 t.
Il T-72 è della stessa generazione di carri come l'americano M60 Patton, il francese AMX-30, il tedesco Leopard 1 e l'inglese Chieftain.

         

Armamento primario
Cannone: 2A46M a canna liscia da 125 mm, con 44 colpi a disposizione e sistema di stabilizzazione che consente di fare fuoco in movimento. La canna del cannone ha un'elevazione compresa tra -5°30' e +14° e una gittata utile tra i 2100 e i 4000 m, a seconda delle munizioni usate. Può sfondare fino a quaranta centimetri di cemento armato.
Armamento secondario
• Mitragliatrice coassiale PKT: calibro 7,62 mm con a disposizione 2000 colpi ed è posta sul fianco destro del cannone. È alimentata da nastri di 250 colpi ciascuno.
• Mitragliatrice contraerea NSV: calibro 12,7 mm, posta accanto alla cupola del comandante. Non può essere comandata dall'interno del carro, il comandante per usarla deve esporsi. Dispone di 300 colpi in due nastri da 150.
Il carro ha anche dei lancia fumogeni sulla torretta.
Corazzatura
Inizialmente convenzionale omogenea, in seguito composita.
Spessore massimo corazzatura convenzionale: 280 mm.
Nuova armatura lamellare: 200 mm.




Carri armati di possibile impiego
T-34
         

         

T-62
         

         

T-64
         

         

Difesa frontiera nord-est anni '60
per g.c. Cap. cpl. in congedo Carlo Ferri

Sin dagli anni ’50 la difesa “avanzata” dell’Italia alla frontiera a nord-est fu una scelta obbligata poiché si trattava delle posizioni più facilmente difendibili: a nord, partendo dal Passo di Resia e dal Brennero l’arco alpino consentiva una buona difesa e si poteva disporre anche di molte fortificazioni già del “Vallo del Littorio”, dalla Carnia alla piana di Gorizia il terreno collinare era anch’esso adatto alla difesa, rimaneva la piana di Gorizia fino al mare, la cosiddetta “soglia di Gorizia”, che comunque aveva una ridotta estensione ed era “fortificabile” (cosa che fu realizzata a partire dagli anni '60), inoltre la ridotta ampiezza della “soglia” non dava all’attaccante, almeno inizialmente, favorevoli condizioni di spiegamento di tutta la sua potenzialità offensiva. Migliori posizioni difensive in taluni settori, specie nella zona di Gorizia, erano segretamente pianificate mediante l’occupazione di settori oltre i confini jugoslavo e austriaco. Le risorse, soprattutto in numero di uomini, di quegli anni non consentivano altre soluzioni, pena il rischio della perdita del vitale “triangolo industriale” e di tutta la pianura Padana. Comunque, erano pianificate posizioni arretrate di resistenza sulle linee del Tagliamento (che in realtà costituiva il margine arretrato della difesa avanzata sull’Isonzo e presumibilmente era la “seconda linea difensiva”), del Piave e dell’allineamento Euganei-Berici-Lessini.

Fino alla metà degli anni '50, l’Esercito italiano fu impegnato nella sua "ricostruzione" postbellica e sino a quel momento possiamo parlare solo di semplici capacità di "copertura" ai confini. Nella seconda metà di quegli anni si verificò invece un notevole potenziamento dell’Esercito, che coincise con l’introduzione della regolamentazione della serie dottrinale 600, nella quale era previsto l’impiego di armi atomiche tattiche in terreni di pianura e di collina. La serie 600 era altresì allineata con la strategia NATO della massive retaliation, la "rappresaglia massiccia" nucleare, introdotta nel 1953, allorchè la precedente strategia del deterrente fu messa da parte per l’impossibilità economica dei Paesi della NATO di raggiungere il livello di forze convenzionali necessario a contrastare l’avversario.
In sostanza, la serie 600 prevedeva che le forze, essenzialmente di fanteria, attuassero una "manovra di capisaldi", ovvero si ritirassero attraverso una rete di capisaldi predisposti ma non occupati, convogliando l’attaccante sotto il fuoco nucleare. La ritirata tattica era seguita da una ritirata strategica sulla "seconda posizione difensiva", distante 50-70 km dalla precedente. In definitiva, il nostro schieramento fu articolato come di seguito descritto (il tutto in modo generico e solo nei tratti principali ed essenziali).

Alla frontiera a est, normalmente presidiata dalle unità del V Corpo d’Armata, all’emergenza la condotta delle operazioni sarebbe stata assunta dalla 3^ Armata (già costituita a livello di Comando designato), che avrebbe potuto disporre del V C.A. per la difesa delle zona collinare a nord di Gorizia e del III C.A. per la zona da Gorizia al mare.
Sulla "prima linea difensiva" probabilmente ci sarebbe stato un "passaggio" di divisioni tra V e III Corpo, ovvero la "Cremona" che era "da montagna" e dipendeva dal III C.A. avrebbe affiancato la "Mantova", anch’essa "da montagna", per la difesa della zona collinare di competenza del V C.A.
Analogamente, nel settore di pianura, passato alla competenza del III C.A., la "Legnano" (del III C.A.) sarebbe andata ad affiancare la "Folgore" (del V C.A.). Da notare che queste due divisioni essendo del tipo "di pianura" disponevano del reggimento corazzato quale riserva divisionale.
“Ariete” e “Centauro” avrebbero ovviamente costituito le riserve di manovra dei due C.A. schierati sulla "prima posizione difensiva". I reggimenti di cavalleria blindata della Brigata di Cavalleria avrebbero costituito, rinforzati, le “aliquote” da utilizzare quali scaglioni di presa di contatto e ritardo del nemico.
Le riserve d’Armata, nonché le unità preposte alla difesa a tergo dell’area della battaglia, sarebbero state costituite dal VI Corpo d’Armata (divisioni Trieste e Friuli) e probabilmente anche dalla div. fanteria Granatieri (che era del tipo "da pianura"), se le circostanze ne avessero consentito l’allontanamento dall’area della Capitale.
Sul finire degli anni '50, inoltre, non erano ancora state approntate le nuove opere fortificate alla frontiera ad est, ed erano sempre da costituire le unità d’arresto per il loro presidio: solo sul Tagliamento era schierato un Raggruppamento da posizione.
In embrione, si stava formando la Brigata Missili sugli Honest John, dotati di munizionamento nucleare e che avrebbero operato unitamente alla SETAF americana, dotata inzialmente di vettori Sergeant, a maggiore gittata.
Alla frontiera a nord, normalmente presidiata dalle unità del IV Corpo d’Armata (brigate Orobica, Tridentina e Cadore), all’emergenza la condotta delle operazioni sarebbe stata assunta dalla 1^ Armata. Nel settore erano presenti anche due Raggruppamenti alpini d’arresto (21° in Pusteria e 22° al Brennero e Resia) e un btg. autonomo di alpini d’arresto (nel Comelico).
Nel 1960, era stato costituito anche il Comando Truppe Carnia (con alle dipendenze la Brigata Julia e l’11° rgpt. alpini da posizione), che si assunse la responsabilità della difesa della zona di cerniera fra la 3^ Armata a est e il IV Corpo d’Armata a nord. Interessante evidenziare come questo provvedimento ricalcasse quello analogo adottato nel corso del primo conflitto mondiale.
La cerniera di collegamento fra 1^ e 3^ Armata sarebbe stata assicurata dal Comando Truppe Carnia, da cui dipendevano la brig. Julia e l’11° raggruppamento alpini d’arresto, che chiudeva le provenienze dal Tarvisiano e dal Passo di Monte Croce Carnico.
Probabilmente, la brig. Taurinense avrebbe rafforzato il Comando Truppe Carnia.

Diverse novità nell’assetto difensivo e nell’ordinamento hanno luce a cavallo tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60.
La più importante è la graduale costituzione di Reparti di fanteria da posizione (poi d’arresto), per il presidio della fortificazione permanente in corso di realizzazione ex-novo lungo la frontiera jugoslava, più o meno dal Passo di Tanamea a nord fino alle foci del Timavo a sud. La costituzione dei reparti avviene in maniera graduale, probabilmente in parallelo con il progressivo completamento delle opere fortificate. Dalle tre iniziali compagnie, si passa a tre battaglioni autonomi, fino a giungere nel 1963/'64 alla costituzione dei due reggimenti di fanteria d’arresto (52° "Alpi" e 53° "Umbria") su tre battaglioni ciascuno (un battaglione del 52° era comunque in posizione “quadro”).
Il 52° presidiava il settore a nord (da Tanamea alla zona di Dolegna) di competenza della div.f. "Mantova", mentre il 53° teneva il settore a sud fino al mare, di competenza della div.f. "Folgore".
La cruciale "soglia di Gorizia" era quindi affidata al 53° che, all’emergenza, avrebbe costituito un reggimento gemello, il 54° "Umbria".
La funzione della fortificazione non era solo quello di "arresto" ma anche di "incanalamento" delle direttrici avversarie verso zone ben prestabilite, dove sarebbero poi intervenute le unità mobili.

E' evidente come la linea difensiva escludesse Trieste e il Carso triestino fino al Timavo, qui la fortificazione permanente risultava infatti di difficile realizzazione per svariati motivi: allungamento eccessivo della fronte con una brusca e problematica svolta a est, proprio in presenza della strozzatura Duino-Hermada, mancanza di profondità per organizzare le opere in sbarramenti successivi, ecc. Per assicurare la difesa della città giuliana nei primi anni '60 fu iniziata la costituzione del 151° rgt.f. "Sassari" e dalla Puglia fu spostato a Trieste il 14° rgt.art. da camp. e le due unità furono poste alle dipendenze del Comando Militare di Trieste, successivamente ridenominato Comando Truppe Trieste e posto alle dipendenze del V Corpo d’Armata. Questo provvedimento permise, alla metà degli anni ‘60, un riposizionamento delle unità della "Folgore" posizionate nel triestino, che furono ridislocate nel goriziano, con conseguente spostamento di reparti della "Mantova" nell’udinese, alla fine così giungendo a una maggiore densità di unità.
E’ ipotizzabile che i reparti della Brigata di cavalleria "Pozzuolo del Friuli", dislocati a Trieste (Piemonte Cavalleria) e sul Carso triestino (due gruppi semoventi dell’8° rgt.art. da camp.), avrebbero potuto nel caso appoggiare le Truppe Trieste come riserve di manovra.

La costituzione, a partire dal 1959, della III Brigata Missili dotava altresì il nostro schieramento del supporto di fuoco nucleare, il cui impiego era previsto dalla dottrina in vigore: ovviamente l’uso del munizionamento "speciale" da parte dei missili Honest John e degli obici da 203 era subordinato al principio della "doppia chiave" ovvero erano gli Americani a decidere l’impiego (presso le nostre unità “nucleari” era permanentemente distaccata un’unità dell’U.S.Army per la custodia, trattamento e manutenzione degli ordigni).
L’ampliamento organico del Raggruppamento Lagunare, con la costituzione nel 1964 del Reggimento Lagunari "Serenissima" (nel cui organico fui inserito anche un battaglione carri), che si assumeva la difesa della cimosa lagunare veneta dall’Isonzo all’Adige, completava infine fronte mare la chiusura della "porta di casa".

La difesa dello spazio aereo a nord/est dal 1962 viene affidata al Comando Artiglieria Controaerei dell’Esercito, che inquadra i due reggimenti di artiglieria missili controaerei, dotati dei sistemi a medio raggio "Hawk" e le unità controaerei leggere. In particolare, nella pianura veneta-friulana, sono dislocate a difesa quattro batterie di missili "Hawk".

A tutte queste novità ordinative, si aggiungeva nel 1963 l’emanazione della serie dottrinale 700, naturale evoluzione della precedente serie 600, che essenzialmente, in un quadro di larga disponibilità di armi nucleari, introduceva il concetto della duttilità, flessibilità e della polivalenza dello strumento bellico: in definitiva, la nuova dottrina esaltava il ruolo delle unità corazzate e meccanizzate. L’indisponibilità di risorse per adeguare tutte le forze alla nuova dottrina comportò una progressiva ma incompleta meccanizzazione della fanteria e un adeguamento organico e ordinativo delle unità corazzate.
In sintesi, a partire dal 1963/'64:
- tutti i reggimenti di fanteria delle divisioni "di pianura" costituirono un IV btg.mecc. (su 1 cp. carri ed 1 cp. mecc.), ricevendo inizialmente i VTT AMX-12 e poi gli M-113
- furono costituiti i G.E.D. su base cavalleria in sostituzione dei B.E.D. su base fanteria (questi ultimi furono riconvertiti in battaglioni meccanizzati standard)
- fu abolita la distinzione fra divisioni "di pianura" e "da montagna" e iniziata la graduale trasformazione, pur nella carenza di risorse, di quest’ultime allo standard delle prime (la Cremona trasformò il 22° rgt.f. in reggimento corazzato e costituì il IV btg.mecc. per 21° e 157°, la Mantova invece non costituì mai il suo reggimento corazzato, il LXIII btg. carri rimase autonomo e il 59° "Calabria" non costituì il IV btg.mecc.)
- per le divisioni corazzate "Ariete" e "Centauro" fu adottato un nuovo ordinamento come da standard NATO.

N.B.C. - Nucleare Biologico Chimico

Minaccia nucleare (N)
Le opere, in generale, erano abbastanza protette da tale evento, in quanto gli spessori di acciaio, calcestruzzo, terra o roccia si può ritenere dessero un buon potere di dimezzamento dei vari tipi di radiazione sprigionate dall'arma nuclerare; lo stesso dicasi per l'effetto onda d'urto e onda di calore. Un pericolo poteva essere la ricaduta del fall-out quando si usciva all'aperto. Dunque, a meno che la bomba non scoppiasse sopra o nelle immediate vicinanze delle postazioni, le probabilità di sopravvivenza erano molte, salvo casi particolari, comunque più che all'aperto.

Ordigni nucleari in caso di guerra: Bomba atomica (bomba a fissione): Uranio 235, Plutonio 239
Bomba H (bomba all'idrogeno o bomba a fusione): Idrogeno e Litio; l'energia per la fusione viene sviluppata da una bomba A.
Gli ordigni nucleari possono essere rappresentati da bombe d’aereo, testate di missili, granate di artiglieria o ADM. Per ADM (Atomic Demolition Munition) si intendono cariche nucleari di ridotte dimensioni - tipo zaino - trasportabili da singoli individui.
Effetti:
• Termico-luminoso: breve durata, ustioni e cecità (soprattutto in prossimità del punto zero);
• Meccanico: onda d'urto, detriti (anche a notevole distanza dal punto zero);
• Radiazioni: producono effetti anche dopo moltissimo tempo
o Radiazioni alfa percorrono qualche centimetro, potere penetrante nullo
o Radiazioni beta percorrono qualche metro, potere penetrante scarso
o Radiazioni gamma percorrono qualche chilometro, potere penetrante altissimo
o Radiazioni neutroniche percorrono qualche centinaia di metri, potere penetrante altissimo.
• Effetto EMP: colpisce soprattutto i semiconduttori e tutti gli apparati elettrici.
per “punto zero - PZ” si intende il luogo in cui avviene l’esplosione
Dose di esposizione: espressa in Roentgen
Dose assorbita: RAD (Radiation Absorbed Dose)
>100 soglia delle malattie
200 soglia della mortalità
400 morte del 50%
1000 morte dopo alcuni giorni
Dose di intensità: espressa in RAD/h
Protezione:
Rifugi interrati, strati di materiale che assorba le radiazioni.
E' sempre problematico operare in zone interessate da radiazioni o ricaduta radioattiva. Va sempre indossata la maschera e l'indumento protettivo.
Bonifica: (solo dal fall-out) rimozione particelle mediante scuotimento, spazzolatura, lavaggio. Limitare l'esposizione alle radiazioni e la dose assorbita.
Comportamento al verificarsi di un'esplosione nucleare:
- gettarsi faccia a terra, piedi verso l'esplosione
- proteggere le mani e il volto
- attendere il passaggio dell'onda d'urto
- se disponibili o vicinissimi usare ricoveri di fortuna, buche, ecc.
- dopo il passaggio dell'onda d'urto rilevare e comunicare (con i mezzi utilizzabili)
o tipo dello scoppio
o azimuth centro nube
o posizione punto zero (se in vista) o propria posizione
- dopo 5' dall'esplosione comunicare l’angolo di ampiezza della nube
- dopo 10' dall'esplosione comunicare l'angolo di sito della sommità o della base della nube questi dati serviranno per individuare il PZ e stimare la potenza dell'ordigno. Sulla base di dati come il vento relativo verrà elaborato il lucido di previsione per l'individuazione delle aree interessate dal fall-out.

Minaccia biologica (B)

Gli agenti biologici sono quelli che meglio si prestano - per caratteristiche e semplicità di disseminazione - a essere utilizzati anche per attacchi terroristici. L'arma biologica rappresenta, inoltre, un forte deterrente per chiunque, un'arma di ricatto se si vuole utilizzarla per scopi terroristici. Pertanto, il loro impiego sul campo di battaglia era estramamente improbabile.
Le armi biologiche contengono organismi virali, batteri o tossine, prodotte anche artificialmente. Le tossine, rispetto ai virus e ai batteri che comportano dei periodi di incubazione anche lunghi, sono in grado di portare alla morte anche solo dopo poche ore dalla contaminazione. Anche un solo chilogrammo di agenti batterici può essere più devastante di migliaia di tonnellate di agenti chimici. La maggior parte, perché produca effetti letali, deve essere inalata o ingerita e ha una vitalità relativamente breve.
Parrebbe dunque che le maschere NBC fossero in grado di assicurare un certo grado di protezione.
Alcune specie, invece, come ad esempio il carbonchio, sono in grado di fissarsi nel suolo, mantenendo le loro caratteristiche letali anche per decenni: questo esclude l'impiego sul campo proprio perche troppo durevoli. L'aggressivo biologico può essere portato sul terreno e disseminato nell'ambiente da qualsiasi arma tradizionale (per esempio, un missile caricato con tossine di botulino è in grado di contaminare un'area di oltre tremila chilometri quadrati). Il raggio di efficacia dipende dal tipo di vettore utilizzato e dalle condizioni meteo e morfologiche del luogo dove viene portato l'attacco.

Gli agenti più utilizzati nella guerra biologica sono i microorganismi viventi costituiti da:
• batteri
• ricketsie
• virus
• funghi
• tossine
• ormoni vegetali (destinati alla lotta contro le colture, da non confondere con i defolianti).

Disseminazione: granate e bombe, immissione nelle reti idriche, ecc.
Condizioni ottimali: vento moderato e costante, temperatura e umidità moderate, insolazione scarsa (i raggi UV distruggono i batteri).
Protezione: maschera NBC e indumento protettivo.
Bonifica: in relazione alla minaccia.
Nota: le forme di guerra biologica comprendono contaminazioni sconosciute e quindi è logico supporre un lasso di tempo notevole tra l'individuazione della minaccia e l'elaborazione di opportune contromisure. Le norme generali di comportamento suggeriscono di evitare qualsiasi contatto con materiali, attrezzature, sostanze o individui che possano propagare il contagio: ogni anomalia riscontrata deve essere comunicata alle varie fonti informative NBC.

Minaccia chimica (C)

I gas si suddividono in varie categorie:
- a seconda dell'effetto: nervini, emotossici, vescicanti, asfissianti e irritanti
- a seconda della durata dell'azione: permanenti, semi-permanenti, temporanei
- a seconda de loro stato: liquidi o gassosi.
I più comuni di probabile impiego in campo bellico erano:

Gas nervini
Sono dei potenti inibitori dell'enzima colinesterasi, per cui viene vanificata la funzione di un neurotrasmettitore - la acetilcolina - con conseguente blocco del sistema neurovegetativo centrale e periferico. I principali sintomi di un avvelenamento da gas nervino possono essere:
- forti emorragie nasali
- fitte al torace tipo infarto del miocardio
- eccessiva ed improvvisa dilatazione delle pupille
- perdita delle urine e delle feci
- convulsioni e vertigini
- blocco della respirazione.
Generalmente, l'aggressione da gas nervino e gli effetti conseguenti vengono curati con l'atropina, che riesce a riattivare l'effetto di stasi sui recettori.
I principali gas nervini conosciuti e disponibili nel mondo, sono:
Sarin (GB - NPN)
E' un fluoruro di potassio prodotto per fluorurazione composti organici.
Un milligrammo di gas è sufficiente per uccidere un persona, che muore per soffocamento una volta che ha inalato il gas.
Tabun (GA - NPN)
Ossicloruro di fosforo: gas altamente letale che può essere assorbito anche attraverso la pelle. Può essere prodotto per sintesi organica di plastificanti, additivi petroliferi, insetticidi. La dose letale per gli uomini è di circa 0.01 mg L/kg
Soman (GD - NPN)
Gas molto tossico ad alta letalità. Può fare effetto se ingerito, inalato o assorbito attraverso la pelle. Circa 2,2 g di GD assorbito attraverso la pelle nuda di un uomo di 70 kg ne producono la morte.
Amitoni V-gas (VX - PN)
Gas nervino di ultima generazione. Non risulta che sia mai stato utilizzato in eventi bellici o terroristici. E' simile al Sarin: provoca la morte per soffocamento se inalato in piccolissime dosi (1 mg) o assorbito attraverso la pelle.

Emotossici
Sono:
Acido cianidrico (AC) e Cloruro di cianogeno (CK)
Con caratteristico odore di mandorle amare, agiscono per via inalatoria o cutanea, impedendo l'utilizzazione dell'ossigeno; non sono persistenti.
Ossido di carbonio (CO)
Inodore, agisce per inalazione (protezione con maschera e apposito filtro anti-CO), non persistente.

Gas vescicanti
Dopo i nervini, sono i più potenti aggressivi chimici conosciuti. Molti tipi derivano direttamente dai gas nervini stessi, con qualche mutazione della struttura organica. I più noti sono:
Iprite (HD)
Conosciuto anche come "gas mostarda" per il caratteristico odore che emana. Se inalato o assorbito attraverso la pelle produce profonde e immediate ustioni, con la formazione di vesciche che rapidamente ricoprono tutto il corpo esternamente e internamente. Per uccidere una persona ne occorrono 10 mg. La dose letale media stimata è di 1.500 g/min se inalata e 10.000 mg/min per contatto cutaneo.
Lewisite (L)
Ha effetto se inalato o assorbito dalla pelle: si diffonde attraverso la pelle più rapidamente dell'iprite. Produce effetti dannosi anche a bassissime dosi: 0,2 mg su 2 cmq di pelle producono vesciche irreversibili se non curate.

Gas asfissianti
Agiscono sui polmoni, provocando un'immediata congestione degli alveoli e conseguente morte per soffocamento. Fosgene (CG) e Difosgene (DP)
Ambedue derivati del cloro. Sono stati impiegati nella prima guerra mondiale. Sono molto volatili e si disperdono rapidamente.

Gas irritanti
Sono delle sostanze che provocano un'irritazione insopportabile alla pelle o alle mucose esposte. Generalmente, vengono utilizzate in caso di interventi della polizia per motivi di ordine pubblico. Producono forti irritazioni delle mucose degli occhi e delle prime vie respiratorie, provocando abbondante lacrimazione.
I più noti aggressivi chimici irritanti sono:
Adamsite (DM)
E' una difenilaminacloroarsina, che agisce su naso e gola. Di colore verde, ha effetto in meno di tre minuti e provoca secrezione dalle mucose, dolore al torace, tosse, nausea e vomito, dolore di testa, sensazione di panico. I sintomi durano alcune ore.
Cloacetofenone (CN)
Agisce sugli occhi: è quindi un lacrimogeno. A dosi elevate, può essere mortale specialmente su utilizzato in ambienti chiusi. Per uso bellico risulta che sia stato utilizzato in Vietnam.

Un attacco con tali gas poteva essere fatto con bombe, testate di razzi, lanci da bombole, aerei ed elicotteri (irroratori/dispenser). A meno che non fosse allo stato gassoso, difficilmenente poteva penetrare nelle postazioni delle opere: l'unica difesa rimaneva il filtro e la maschera, ma anche una leggera sovrapressione degli ambienti poteva contribuire - in modo abbastanza efficace - a tener fuori i gas.

Stato fisico: solido, aerosol (polveri o goccioline), vapori.
Condizioni ottimali: notte o alba, assenza di pioggia, temperatura 5 °C, vento leggero e costante, nessuna nuvola all'alba o irregolari di notte.
Condizioni peggiori: giorno, temperatura elevata, vento forte, nuvoloso, pioggia.
Rivelazione:
- Sensi
- Cartine rivelatrici
- Rilevatori automatici.
Fare particolare attenzione a scoppi anormali, nubi strane, aerei in volo a bassa quota.
Segnalare immediatamente le anomalie riscontrate al reparto informativo NBC.
Protezione: - maschera NBC
- indumento protettivo
- dotazioni individuali e di reparto.
Bonifica con:
• DS2 (polvere bonificante)
• cloruro di calce
• ipoclorito di calcio o sodio
• sostanze alcaline
• sapone e detersivi (meglio se in acqua calda)
• solventi organici
• getti di aria calda
• Cloruro di calce:
puro
miscela secca 1:1
2:3 con terra
sospensione con 90% di acqua
poltiglia 1:1 o 2:3 con acqua
• Candeggina: soluzione al 7%
• Soda caustica: soluzione al 7%
• Bicarbonato di sodio: soluzione al 5-10%
• Sapone da bucato (sapone di Marsiglia)
• Benzina
• Gasolio
• Petrolio
• Trielina
• Alcool
• Acqua.
Sequenza delle operazioni con materiali di circostanza:
- Rimozione del grosso (con stracci, carta, paglia, erba, foglie, ecc.
- Uso dei solventi
- Polvere bonificante
- Lavaggio con acqua
- Asciugatura
Prevedere il recupero delle acque contaminate.


SINTOMI

Comportamento: evitare qualsiasi contatto con gli aggressivi, bonificare mani e guanti in caso di operazioni quali nutrizione o necessità fisiologiche, mantenere viveri ed equipaggiamenti al coperto, comunicare tempestivamente gli attacchi.
Po.Me. = Posto Medicazione
Tipo di gas Sintomi Cura
NERVINI Pupilla Fissa, costrizione toracica, ipersecrezione, oscuramento vista, difficoltà respiro, vertigini, sudorazione, convulsioni, morte Somministrazione di atropina, invio al Po.Me.
EMOTOSSICI Pupilla normale, occhi socchiusi, mal di testa, tosse, respirazione affannosa Terapia a ossigeno, invio al Po.Me.
VESCICANTI Pupilla normale, occhi socchiusi e arrossati
effetti dopo 4-5 ore (se l'area colpita e superiore a 20 cm2) arrossamenti, vesciche, edema polmonare
Lavaggio (specie degli occhi, senza strofinare), bonifica, invio al PO.Me.
Attenzione! I vescicanti penetrano con facilità nei materiali porosi
ASFISSIANTI Pupilla normale, occhi socchiusi
dopo 4-5 ore bruciore al petto o alla gola, tosse dopo 12 ore asfissia, edema, schiuma sanguinolenta
No respirazione artificiale, tenere al caldo, invio al Po.Me.
AVVELENAMENTO DA ATROPINA Pupilla dilatata, secchezza della bocca Invio al Po.Me.


TABELLE INDICATRICI (*) ZONE CONTAMINATE

STANAG 2002
Tipo di pericolo Tabella Colore scritte Fronte Retro
CONTAMINAZIONE RADIOATTIVA Nero Sfondo bianco con lettere nere
Esempio: ATOM
Sfondo bianco con lettere nere:
Dose
Data e ora lettura
Data e ora deflagrazione
CONTAMINAZIONE BIOLOGICA Rosso Sfondo blu con lettere rossecon lettere nere
Esempio: BIO
Sfondo blu con lettere rosse:
Nome aggressivo
Data e ora
CONTAMINAZIONE CHIMICA Rosso Sfondo giallo con lettere rosse
Esempio: GAS
Sfondo giallo con lettere rosse:
Nome aggressivo
Data e ora
MINE CHIMICHE Giallo Sfondo rosso con barra e lettere gialle
Esempio: GAS
Sfondo rosso con lettere gialle:
Nome aggressivo
Data e ora
TRAPPOLE ESPLOSIVE
(BOOBY-TRAPS)
Bianco Sfondo rosso con barra e lettere bianche
Esempio: BOOBY-TRAPS
-
MINE (non chimiche) Bianco Sfondo rosso con lettere bianche
Esempio: MINES
non previsto
BOMBE NON ESPLOSE non previsto Sfondo rosso con sagoma di bomba bianca non previsto
(*) Dimensioni standard: quadrato 20 cm di lato, tagliato in diagonale
Passaggi Demanio Militare - Beni dello Stato

Gazzetta Ufficiale n. 188 del 13 agosto 2012

MINISTERO DELLA DIFESA

COMUNICATO

Passaggio dal demanio al patrimonio dello Stato dell'immobile sito nel Comune censuario di Cividale del Friuli.

Con decreto interdirettoriale n. 65/2/5/2012 del 18 aprile 2012 è stato disposto il passaggio dalla categoria dei beni del demanio pubblico militare a quella dei beni patrimoniali dello Stato delle opere costituenti l'ex fortificazione permanente di «Polonetto», «San Martino», «Ponte San Quirino», «Bucovizza», «Quota 141 - San Guarzo», «Fornalis», «Le Braide» e «Monte Guarde», site nel Comune di Cividale del Friuli (Udine), riportate nel Catasto del Comune censuario medesimo al foglio n. 7 mappale n. 197, foglio n. 8 mappali n. 226-227-228-229-230-231-232 e 233, foglio n. 11 mappali n. 502-503-504-505-506-507-508 e 509, foglio n. 12 mappali n. 276 e 277, foglio n. 24 mappali n. 172-173-174-175-176-177 e 178, foglio n. 26 mappali n. 141-142-143-144 e 145, foglio n. 36 mappali n. 169-170 e 171, foglio n. 37 mappali n. 41 e 154, foglio n. 42 mappali n. 74 e 75, foglio n. 44 mappali n. 20-80-81 e 85, foglio n. 46 mappale n. 114, per una superficie complessiva di mq 63.430, intestate al demanio pubblico dello Stato - ramo Difesa Esercito.

L'elenco totale è visibile qui: Gazzetta Ufficiale - Atti del Min. Difesa