La Fanteria d'Arresto aveva il compito, in caso di attacco proveniente dagli ex Paesi dell'Est (Patto di Varsavia), di bloccare o comunque ritardare l'avanzata nemica, permettendo all'Esercito Italiano di organizzarsi per la successiva difesa.
Lo scopo veniva raggiunto, in cooperazione con altri Reparti mobili dell'Esercito italiano, con l'ausilio di fortificazioni permanenti, dette opere composte principalmente da cannoni anticarro, mitragliatrici e posti di osservazione.
Tali opere erano dislocate in Friuli Venezia Giulia e si estendevano dal confine con la ex Jugoslavia sino al fiume Tagliamento, da est verso ovest e dal Passo di Tanamea alla zona compresa fra la foce del Timavo e quella dell'Isonzo, da nord a sud.
Con la fine della Guerra Fredda, tutte queste postazioni furono progressivamente smantellate: nel 1993 ne venne completata la dismissione. Tutte le opere furono private dell'armamento e degli allestimenti interni e, nella maggior parte dei casi, vennero chiuse mediante la saldatura degli ingressi e delle feritoie.
Da allora, dopo anni di costante manutenzione, il loro destino è stato amaramente segnato: basta fare una breve visita nel Friuli per rendersi conto dello stato di abbandono e di sfacelo nel quale versano sia le opere sia le caserme dove erano stanziati i Reparti d'Arresto addetti al loro presidio.
Scopo principale della fortificazione permanente era sostenere lo sforzo di contenimento e di contrasto contro un eventuale invasore da parte delle unità corazzate e meccanizzate.
In sostanza, la fortificazione avrebbe dovuto servire a:
Le fortificazioni erano, sostanzialmente, classificate in tipo A e tipo B: le prime erano le fortificazioni principali, normalmente presidiate in permanenza tramite apposite casermette con distaccamenti di guardia e presso le quali venivano conservate anche le munizioni in apposite riservette; le seconde non erano normalmente presidiate, ma venivano ispezionate regolarmente per la loro manutenzione programmata.
La composizione delle opere era molto variabile a seconda della zona in cui si trovavano, del compito loro affidato, del tipo di avversario che avrebbero dovuto contrastare (corazzato o motorizzato) e della morfologia del terreno.
La maggior parte delle fortificazioni era costruita attorno o in prossimità degli assi stradali più importanti e di importanti ponti stradali o ferroviari (per esempio Ponte della Delizia e Dignano). Le opere contenenti cannoni erano protette da baracche in legno o metallo, a volte mascherate da magazzini materiali dell'ANAS: i resti di alcune sono ancora facilmente individuabili lungo le principali strade del Friuli per la loro forma e per il colore verde militare, grigio o testa di moro, in relazione al terreno e al luogo dove si trovavano, per ottenere un mascheramento ottimale. Altre opere, dotate di armi automatiche, erano mascherate da “covoni”, i cui resti, a volte, sono ancora individuabili.
In genere, una fortificazione si componeva di un posto comando, da dove il Comandante dell'opera dirigeva il tiro delle armi, di un posto di osservazione che preavvertiva dell'avvicinamento dell'avversario e di varie postazioni fisse di armi: cannoni anticarro, mitragliatrici pesanti e antiaeree, mitragliatrici leggere per la difesa ravvicinata, postazioni per mortai e bazooka. Le squadre che operavano all'interno delle postazioni (cannonieri e mitraglieri) erano definite "pacchetto", mentre all'esterno della fortificazione vi erano le squadre "difesa vicina" (fucilieri/assaltatori), che dovevano impedire l'infiltrazione di unità di fanteria avversaria all'interno del perimetro dell'opera.
I vari elementi di un'opera erano denominati:
Alla luce dei fatti, sostanzialmente, oggi possiamo dire che il Patto di Varsavia ha perso la cosiddetta Guerra Fredda... ma si può dire che il Patto Atlantico, in un mondo costantemente in evoluzione, l'ha veramente vinta?
Durante quegli anni, nella situazione a schieramenti contrapposti Patto Atlantico - Patto di Varsavia che ha caratterizzato tutto il secondo dopoguerra sino alla caduta del muro di Berlino, l'Esercito italiano era orientato principalmente alla difesa delle frontiere orientali. Le 25 Brigate istituite nel 1975, progressivamente poi ridotte di numero, erano sotto il comando operativo di Corpi d'Armata e di Comandi di Regione Militare. In particolare, del 5° Corpo d'Armata di Vittorio Veneto per le unità di prima schiera, del 4° C.A. di Bolzano per le truppe alpine e del 3° C.A. di Milano per le unità della riserva di scacchiere, ai quali, in caso di crisi o di conflitto, si sarebbe sovraordinato il Comando FTASE delle Forze Terrestri Alleate del Sud Europa di Verona, ente retto da un Generale italiano.
Per quanto riguarda i Reparti di Fanteria d’Arresto, questa era la situazione subito dopo la ristrutturazione dell'Esercito italiano, avvenuta nel 1975-'76:
Qui sotto l'elenco dei vari Battaglioni, con il link alle pagine descrittive a loro dedicate.
Il dibattito sull'utilità, sull'efficienza e sulla capacità bellica della fortificazione permanente è iniziato nello stesso momento in cui è stata realizzata e proprio da parte degli "addetti ai lavori" ovvero di chi era destinato a presidiarla e a tenerla in efficienza.
Le osservazioni che si possono fare dopo aver sentito tante testimonianze orali e letto un po' di dottrina sono:
- la fortificazione non aveva lo scopo di arrestare il nemico/invasore, quanto di interdire le vie preferenziali di penetrazione e deviare le unità avanzanti su altre direttrici, dove peraltro sarebbero state affrontate dalle forze mobili di copertura, dal fuoco dell'artiglieria e anche - se necessario - dal fuoco nucleare terrestre;
- la fortificazione, oltre alle postazioni armate vere e proprie, sarebbe stata rafforzata all'emergenza da un imponente schieramento di campi minati, antiuomo e anticarro: ogni opera ne sarebbe stata letteralmente circondata, con un numero di mine estremamente elevato, elemento che avrebbe rallentato ulteriormente l'avanzata del nemico;
- se alla funzione impeditiva delle opere aggiungiamo le preventive distruzioni di ponti e strade è ovvio che l'azione ritardatrice si sarebbe ampliata;
Quindi, l'azione dei Reparti d'Arresto deve essere vista in modo unitario con quella di tutti gli altri Reparti che erano schierati alla frontiera o in posizione arretrata: la battaglia vera e propria era prevista fra il confine allora jugoslavo e il Tagliamento.
per g.c. Cap. cpl. in congedo Carlo Ferri
Rispetto alla loro collocazione geografica è possibile distinguere
le seguenti linee difensive della fortificazione permanente di
pianura:
Carso e basso Isonzo
Era l'area tenuta dal 33° btg.f.arr. Ardenza. Rispetto alla
possibile zona di penetrazione principale, cioè la cosiddetta
"soglia di Gorizia", posta immediatamente a nord, aveva funzione
di protezione dei fianchi e di sbarramento rispetto a possibili
manovre di aggiramento. Sfruttava, come elementi naturali di
ostacolo, l'area montuosa del Carso e si appoggiava sugli argini
occidentali del fiume Isonzo e del fiume Torre, nell'area dove
essi confluiscono.
Gorizia, Monte Calvario, confluenza del
fiume Torre e Natisone
Era l'area tenuta congiuntamente dal 53° btg.f.arr. Umbria e dal
63° btg.f.arr. Cagliari. Il sistema fortificato difendeva
direttamente la "soglia di Gorizia" e il corridoio pianeggiante
che da Gorizia raggiunge Udine e la piana friulana.
Era costituito da due sottosistemi principali. Quello del 63°
btg.f.arr. Cagliari, centrato sul Monte Calvario e poggiato alla
riva occidentale dell'Isonzo ra Gorizia e Gradisca d'Isonzo, era
una prima linea molto densa. Quello del 53° btg.f.arr. Umbria
sfruttava, essenzialmente, l'ostacolo naturale rappresentato dai
solchi del fiume Natisone (tra Manzano e la confluenza con il
fiume Torre) e del fiume Torre (tra Pavia di Udine e Villesse),
con funzione di irrigidimento della prima linea avanzata e per la
difesa, il rallentamento e l’arresto nel caso di sfondamento della
prima linea difensiva.
Valli del Natisone e dello Judrio
Il settore era tenuto dal 120° btg.f.arr. Fornovo, comprendendo
tutta la zona ad est del fiume Natisone sino al confine,
spingendosi poi verso Capriva del Friuli. Le opere sfruttavano
l'ostacolo naturale rappresentato dal fiume Judrio, a ridosso
immediato della linea di frontiera, chiudendo inoltre i solchi
orizzontali che da questa si dirigono verso la piana di Cividale.
Le fortificazioni si sviluppavano, verso ovest, sino al fiume
Natisone, mentre a nord di Cividale sbarravano le valli che dalla
sella di Caporetto e dall'Isonzo avrebbero consentito
l'aggiramento del dispositivo difensivo della pianura friulana.
Valli del Torre e del Natisone
Sistema che completava verso ovest e verso nord la protezione dei
fianchi del dispositivo principale, rappresentato dal basso
Isonzo. Tenuto dal 52° btg.f.arr. Alpi, era costituito da una
prima linea fortificata, che si distendeva a ovest del fiume
Natisone e nelle valli collegate, di una seconda linea arretrata,
appoggiata alla riva occidentale del fiume Torre, da Tarcento sino
a Udine e inoltre, di una serie di fortificazioni avanzate che
chiudevano l'alta valle del Torre e le valli correlate, confluenti
verso la sella di Caporetto e l'alta valle dell'Isonzo.
Val Tagliamento
Era l'ultima linea di difesa fissa, notevolmente arretrata
rispetto alle altre, affidata al 73° btg.f.arr. Lombardia. Le
opere fortificate si estendevano sulle rive del fiume
Tagliamento, praticamente senza soluzione di continuità, tra San
Michele al Tagliamento a sud e Cornino, a nord. Particolarmente
consistenti erano le fortificazioni in corrispondenza dei ponti di
Morsano, di Casarsa e di Spilimbergo.
Schematicamente, sono indicate le diverse linee con le diverse opere
(assegnazioni: post riforma del 1976).
Carso e basso Isonzo: 33° btg.f.arr. "Ardenza" (in arancione)
Gorizia, Monte Calvario, confluenza del
fiume Torre e Natisone: 53° btg.f.arr. "Umbria" (in giallo) e 63° btg.f.arr. "Cagliari" (in viola)
Valli del Natisone e dello Judrio: 120° btg.f.arr. "Fornovo" (in verde chiaro)
Valli del Torre e del Natisone: 52° btg.f.arr. "Alpi" (in rosso)
Val Tagliamento: 73° btg.f.arr. "Lombardia" (in azzurro; in verde le 4 opere
che sono passate agli Alpini).
Viene così definita la contrapposizione, creatasi a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, fra due blocchi politico-economici internazionali: l’Unione Sovietica (con i suoi alleati del Patto di Varsavia, anche conosciuto come “Blocco Comunista” o “Orientale”) da una parte e gli Stati Uniti d’America (con i suoi alleati della N.A.T.O. definito anche “Blocco Occidentale” o “Capitalista”) dall’altra. La competizione tra i due blocchi avvenne su diversi fronti: tecnologico (la corsa allo spazio), militare (la corsa agli armamenti), sportivo (le medaglie olimpiche), le logiche di mercato (libero mercato contro economia pianificata).
La denominazione “Guerra Fredda” deriva da uno scenario in cui, pur tra le continue tensioni politico-militari, non si è mai concretizzata una guerra vera e propria che, data la disponibilità di arsenali nucleari da entrambo le parti, non avrebbe portato - di fatto - né a vinti né a vincitori, ma a una distruzione dell’umanità su scala globale.
Il bipolarismo tra le due superpotenze USA e URSS ha diviso il mondo dal 1945 fino al 1989, con il dissolvimento del Blocco Orientale e la caduta del muro di Berlino.
N.A.T.O.
La North Atlantic Treaty Organization (Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord detta anche “Patto Atlantico”) è un’organizzazione internazionale per la collaborazione nella difesa tra i Paesi membri, fondata nel 1949 a seguito del timore di invasione dell’Europa occidentale da parte dell’Unione Sovietica.
Il patto fondativo prevede un'immediata reazione collettiva dei Paesi firmatari nel caso di attacco ad uno solo di essi.
Dopo la caduta del muro di Berlino e il dissolvimento del nemico storico rappresentato dal Blocco Orientale, la N.A.T.O. ha perso il suo status difensivo, trasformandosi in un partenariato di collaborazione militare tra gli aderenti e agendo secondo le risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU relative a situazioni di crisi d'importanza globale.
Patto di Varsavia
Il Trattato di amicizia, cooperazione e mutua assistenza, stipulato a Varsavia nel 1955, è un’alleanza militare tra i Paesi del Blocco Orientale, speculare e antitetico alla NATO.
Tra i Paesi aderenti, l’URSS aveva un ruolo di dominio politico-militare assolut: basti pensare che gli interventi militari del Patto di Varsavia sono sempre avvenuti nei confronti di altri paesi membri (Ungheria e Cecoslovacchia), per soffocare tentativi di abbandono del Patto o impedire riforme democratiche.
Il trattato si scioglie ufficialmente il 1° luglio del 1991.
Qui verrà data solo un'idea dello stato di pietoso abbandono in cui versano le infrastrutture delle caserme che ospitavano i diversi Battaglioni di Fanteria d'Arresto e delle casermette per i distaccamenti di presidio, con la speranza che, a breve, possano essere definitivamente e profiquamente riutilizzate per scopi utili alle comunità dei luoghi in cui si trovano.
La caserme, per così dire, passarono più volte
di mano, considerando che i vari Battaglioni derivano dai diversi
btg. dei Reggimenti precedenti alla riforma del 1975.
Anche in tempi più recenti le caserme furono riassegnate: nei
cancelli d'ingresso si possono notare, spesso, i "nuovi" colori
tradizionali delle mostrine dei diversi Reparti, mentre nelle
palificazioni delle recinzioni si vedono ancora i "vecchi" colori
reggimentali, affioranti sotto quelli dei battaglioni...
E le casermette dei distaccamenti corpo di
guardia per il presidio delle varie opere?
Beh, considerando che - al tempo - avevano i pavimenti passati
regolarmente con la cera... a voi le dovute considerazioni.
Eccone una carrellata, non esaustiva, di diverse tipologie
costruttive.
La prima è di costruzione abbastanza recente (fine anni '80, poco
prima della soppressione): ne sostituiva, infatti, una più
vecchia, che era ritornata a proprietà privata (era in affitto).
L'ultima è della tipologia cosiddetta "attiva": era tipica dei
primissimi periodi della fortificazione a nord-est.
Le riservette munizioni di pronto impiego erano presenti solo nelle opere classificate di tipo A: erano in costruzione a se stante, oppure ricavate nelle parti sotterranee delle postazioni. In alcuni casi, furono ricavate dal pre-esistente "corpo di guardia attivo" nel caso di costruzione di un nuovo corpo di guardia (p.e. a Passo Tanamea).
Con la chiusura dei Reparti d'Arresto, tutte le postazioni delle opere furono progressivamente smantellate:
le opere furono private dell'armamento e degli allestimenti interni e - nella maggior parte dei casi - vennero chiuse mediante la saldatura degli ingressi e delle feritoie.
Nel 1993 ne venne completata la dismissione.
Dopo anni di vero abbandono a seguito della dismissione, dall'inizio del 2012 vi è stata una massiccia
demolizione: si diceva che il ricavato della vendita dell'acciaio rimosso fosse destinato alla Croce Rossa Italiana...
Non si sa se qualche Euro sia mai arrivato nelle casse della Croce Rossa: le cose, come si vedrà, sono andate un po' diversamente.
Tralasciando i commenti sulla demolizione/rimozione indiscriminata delle torrette della maggior parte delle opere della fortificazione permanente di pianura, si fa solo presente che il lavoro di "messa in sicurezza" è stato fatto in modo molto discutibile, sia sul piano ecologico sia per il risultato ottenuto: le buche lasciate nel terreno sono state riempite con sola terra di riporto; le piogge e il naturale assestamento del terreno nei sottostanti locali porteranno sicuramente all'apertura di nuove pericolose buche per gli escursionisti, i bambini e gli animali che si trovino a passare nei terreni che sono stati "bonificati"...
Truffa aggravata a danno dello Stato e turbativa d’asta: sono questi i reati accertati al termine di un’articolata attività investigativa coordinata dal Procuratore della Repubblica Aggiunto di Udine, Raffaele Tito, nei confronti di un funzionario in servizio presso la Direzione Regionale dell’Agenzia del Demanio di Udine, e di tre imprenditori, uno cittadino italiano e due fratelli di nazionalità romena, del centro Italia.
L’indagine ha preso avvio grazie all’intuizione di alcuni finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Gorizia che, nel corso delle consuete attività di controllo del territorio, si sono imbattuti in una serie di lavori di messa in sicurezza e bonifica riguardanti alcune opere di fortificazione permanente, realizzate per scopi difensivi durante la Guerra fredda, a ridosso della linea di confine.
Le Fiamme Gialle goriziane hanno così constatato che era stata effettuata soltanto l'asportazione delle cupole blindate in metallo del peso di alcune tonnellate l’una, per essere successivamente cedute ai centri per il recupero del metallo. Non risultava, così, alcuna messa in sicurezza delle strutture che le ospitavano.
Proprio nel corso degli accertamenti avviati per chiarire gli aspetti di tali attività di “bonifica”, eseguiti anche monitorando alcuni siti web e forum frequentati da appassionati di fortificazioni militari e sulla scorta di alcune notizie apparse sulla stampa locale, i finanzieri hanno riscontrato l’esistenza di un’unica gara d’appalto indetta nell’anno 2012 dalla Direzione Regionale dell’Agenzia del Demanio per il Fvg con sede a Udine, finalizzata alla cessione di 30 cupole/torrette metalliche ubicate su altrettante fortificazioni.
L’esito delle indagini ha fatto emergere un quadro tutt’altro che favorevole alle casse dello Stato, nonostante l’elevatissimo business economico derivante dal recupero di tali pregiati materiali (trattasi di acciaio balistico). Infatti, non solo è emerso che la gara indetta è stata un maldestro tentativo di spostare l’attenzione degli investigatori dalle pregresse numerose cessioni gratuite dei materiali, ma la stessa è stata “pilotata” per far si che, alla fine, i bunker metallici venissero di fatto acquistati dalle stesse imprese che sino ad allora si erano accaparrate tonnellate di acciaio balistico, del valore di centinaia di migliaia di euro, senza alcun introito per l’Erario.
Ciò è stato possibile mediante la partecipazione alla gara di una ditta “amica” che si è illegalmente aggiudicata la licitazione – per un importo di denaro assolutamente inadeguato rispetto al reale valore del metallo in vendita -, senza essere stata ufficialmente invitata a parteciparvi e senza avere la benché minima competenza.
Lo Stato ha incamerato l’importo di aggiudicazione della gara, pari a 37.550 Euro, grazie allla complicità del funzionario del Demanio, che ha prodotto false attestazioni di pagamento dell’importo di gara, di fatto mai effettuato.
Il Funzionario pubblico e i tre imprenditori dovranno rispondere davanti alla Giustizia delle ipotesi di truffa aggravata a danno dello Stato e turbativa d’asta.
Per il pubblico dirigente si prospetta anche l’assoggettamento a una procedura di accertamento e recupero dell’importo di denaro non incassato dallo Stato per la gara contestata.
Gli investigatori del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Gorizia stanno ora ricostruendo, in collaborazione con l’Esercito Italiano e con l’attuale Direttore Regionale dell’Agenzia del Demanio per il Friuli Venezia Giulia, quante siano state le cessioni “gratuite” delle cupole/torrette metalliche dei bunker, avvenute tra il 2010 ed il 2012, al fine di determinare il corrispondente danno Erariale.
La struttura addestrativa nell'Esercito Italiano subì moltissime variazioni nel tempo.
Dal 1946, conformemente alla proposta della M.M.I.A. (Military Mission to the Italian Army),
organismo di controllo anglosassone sull'attività dei vertici militari italiani,
l'organizzazione addestrativa di base era affidata ai Comandi militari territoriali,
attraverso 11 Centri Addestramento Reclute (CAR), con un organico
a livello di Reggimento, mentre l'addestramento avanzato veniva svolto dalle Scuole militari.
Dal 1953 (fine ricostruzione dell'EI) al 1974 questa era la struttura addestrativa
per la truppa:
La reclute cominciarono ad affluire ai diversi CAR dal febbraio 1946, quando riprese
la chiamata alle armi con la classe 1924.
Dal luglio 1958 i vari CAR vennero sostituiti dai Reggimenti CAR sopra indicati, dei quali
nel 1974 risultavano ancora attivi:
Con molta probabilità (la struttura addestrativa e le destinazioni erano molto variabili nel tempo), per quanto riguarda le reclute destinate ai Reparti f.arr. i rispettivi rgt. CAR erano:
Negli anni '70 venne sperimentato il sistema d'invio diretto delle
reclute ai Corpi d'assegnazione, dapprima solo per le Divisioni non impegnate nella
difesa di 1° tempo, poi per tutte: c'erano Cp. reclute al I/52° rgt.f.arr.
"Alpi" a Tarcento e al III/52° rgt.f.arr. "Alpi" a Ipplis, al 53° rgt.f.arr. "Umbria" a Jalmicco e al LXXIII btg.f.arr.
"Lombardia" ad Arzene.
Ad Arzene, dal 1969 esisteva una Cp. reclute alla quale venivano assegnati i militari con
incarichi operativi (p.e. cannonieri, mitraglieri, informatori, assaltatori), mentre gli
incarichi non operativi (p.e. centralinisti, telefonisti, radiofonisti, cuochi) venivano assegnati
ai vari C.A.R. per un primo addestramento.
Il sistema fu però abbandonato, in quanto contrastava con la prontezza operativa e
la struttura preposta all'addestramento cambiò ancora radicalmente: vennero creati diversi
btg. BAR (Battaglione Addestramento Reclute) che non erano più solo Enti
autonomi scolastici, ma Reparti destinati, in caso di mobilitazione, a riunirsi alla loro Grande Unità
di appartenenza, lasciando alla sede parte dei Quadri, per l'addestramento dei complementi.
Dopo la ristrutturazione dell'E.I. del 1976 risultavano attivi i seguenti BAR:
Dal 1976, le reclute ai vari Reparti f.arr. arrivavano quasi tutte dal 7° btg.f. "Cuneo", stanziato nella caserma "G.B.
Berghinz" di Udine, con un distaccamento nella caserma "V. Lago" di Jalmicco.
Di regola, le compagnie stanziate alla Berghinz erano preposte all'addestramento delle reclute per i battaglioni d'arresto della Divisione "Mantova" e "Ariete", mentre le compagnie in distaccamento alla Lago addestravano le reclute per i battaglioni d'arresto della Divisione "Folgore".
La realtà - in ogni caso - è molto complessa: nel 1976, per esempio, ci sono notizie di incorporamenti
al 73° btg.f.arr. "Lombardia" con elementi provenienti dalla Cp. Reclute delle Truppe Anfibie "Serenissima".
L'addestramento di base comprendeva:
L'addestramento all'impiego operativo comprendeva:
7° btg.f. "Cuneo" - Div. Mec. Mantova
Decorato di Ordine Militare d'Italia, Medaglia d'Oro Speciale,
tre Medaglie d'Argento e una di Bronzo al Valor Militare e una d'Argento al
Valore dell'Esercito. Il battaglione festeggia il combattimento di
Vittorio Veneto (14/08/1916).
Riallaccia le sue origini al Reggimento di Nizza costituito il 16
aprile 1701 poi Reggimento La Marina (1714) allorché fornisce
personale al battaglione delle galere.
Sciolto nel 1798 dal giuramento di fedeltà al Re di Sardegna viene ricostituito nel
1814 come Reggimento di Cuneo per divenire l'anno seguente Brigata
di "Cuneo".
Cambia ancora denominazione nel 1831 in 1° Reggimento
(Brigata Cuneo), nel 1839 in 7° Reggimento Fanteria (Brigata
Cuneo), nel 1871 in 7° Reggimento Fanteria "Cuneo", nel 1881 in 7°
Reggimento Fanteria (Brigata Cuneo).
Con l'ordinamento 1926
diviene 7° Reggimento Fanteria "Cuneo" ed è assegnato alla VI
Brigata di Fanteria; quindi, nel 1939, entra con l'8° fanteria e il
27° artiglieria nella Divisione di Fanteria "Cuneo" (6^), grande
unità che sarà poi sciolta nel settembre 1943 nell'arcipelago
delle Cicladi.
Il 1 novembre 1975, per cambio denominazione del I/114° Rgt.
Mantova, ha vita il 7° Battaglione Fanteria Motorizzato
"Cuneo", al quale vengono affidate Bandiera e tradizioni del 7°
Reggimento.
Dal 12 agosto 1976 l'unità assume l'appellativo di 7°
Battaglione Fanteria "Cuneo" e svolge compiti
addestrativi.
Il 29 aprile 1993 il battaglione entra nel
ricostituito 7° Reggimento "Cuneo".
Si scioglie il 31 maggio 2001 a Udine.
Era stanziato, prima del terremoto del 1976 nel
Friuli, ad Artegna (Ud) nella caserma "Chiaradia".
Dopo il terremoto fu ospitato nella
caserma "G.B. Berghinz" a Udine e alla "V. Lago" di Jalmicco di
Palmanova (Ud).
Nel settembre/ottobre 1991 venne trasferito nella caserma
"Spaccamela" di Udine.
Motto: "Legio Cuneensis constantissima".
Inno del Reggimento
(Parole di Carlo Borsani)
Un dì spiccammo il volo come l'aquile
nel ciel di Nizza italica e sabauda:
ci salutò Legione Costantissima
la Patria al primo annunzio di vittoria.
O sole avvolgi sempre nel sorriso
della tua luce quast'invitta schiera
raccolta intorno a un'unica bandiera
le forze tese a un amico destino.
Fante del Settimo
mostrina cremisi
segno di fede
d'arme e d'onor
splende nei secoli
vivo il ricordo
delle tue gesta
del tuo valor.
Se chiamerà la voce della Patria
faremo d'ogni meta una vittoria
e il sangue della nostra giovimezza
seminerà l'alloro della gloria.
Esulteranno l'ossa degli eroi
rivendicati e dal supremo altare
si leverà una luce a iluminare
fante d'Italia il nuovo tuo cammin.
Fante del Settimo
mostrina cremisi
segno di fede
d'arme e d'onor
splende nei secoli
vivo il ricordo
delle tue gesta
del tuo valor.
Scuola ACS di Fanteria
Il
giorno 1 maggio 1948 si costituì in Spoleto una Scuola Allievi
Sottufficiali: il 12 dicembre dello stesso anno ricevette la
Bandiera.
Nel marzo del 1952 le viene affidato anche il compito di formare i
sottufficiali di complemento.
Nel 1963, a seguito del trasferimento della Scuola per
sottufficiali a Viterbo, l'istituto assume il nome di Scuola
Allievi Sottufficiali di Complemento di Fanteria, preparando i
comandanti di squadra.
Cambiò ancora denominazione il giorno 1 ottobre 1967 in Scuola
Allievi Comandanti di Squadra di Fanteria: nella scuola si
svolgevano i corsi periodici di formazione per gli ACS (Allievi
Comandanti di Squadra) destinati ai reparti di Fanteria
divisionale, di Granatieri, di Paracadutisti e di Fanteria
d'Arresto.
Motto: "Per aspera ad virtutem"
Scuola AUC di Fanteria
Il giorno 1 gennaio 1952, per trasformazione della Scuola Servizi e
governo del Personale di Rieti e ricevendone la Bandiera, si
costituisce una seconda Scuola Allievi Ufficiali di Complemento
per tutte le Armi, con sede ad Ascoli Piceno nella Caserma "S.Ten.
Clementi", affiancandosi alla già esistente Scuola AUC di Lecce.
Il giorno 1 ottobre 1963 cambia nome in Scuola AUC di Fanteria,
effettuando i corsi periodici di formazione per gli AUC (Allievi
Ufficiali di Complemento) destinati ai reparti di Fanteria
divisionale, di Paracadutisti e di Fanteria d'Arresto.
La Scuola è soppressa il 31 dicembre 1975.
Motto: "Ut ardeant ardeo"
Scuola di Fanteria
Come
già detto, fino al 1975 gli AUC destinati alla Fanteria d'Arresto
svolgevano il corso alla Scuola AUC di Fanteria di Ascoli Piceno.
Successivamente, gli AUC di Fanteria d'Arresto furono formati alla
Scuola di Fanteria di Cesano di Roma.
L'attuale Scuola discende dalla Scuola Centrale di Fanteria sorta
a Oriolo Romano il 18 gennaio 1920, per la fusione della Scuola
perfezionamento per ufficiali mobilitati con la Scuola
mitraglieri. Venne trasferita nel 1923 a Civitavecchia, dove
proseguì la sua attività sino al settembre 1943.
La Scuola rinacque nel gennaio 1946 dal preesistente Centro di
Addestramento Complementi Forze Italiane Combattenti, che a sua
volta era stato creato, il 28 gennaio 1945, dal Gruppo di
Combattimento "Piceno": infatti, i suoi tre reggimenti, nel
febbraio 1945, persero i nominativi storici e assunsero nuove
denominazioni come "1° reggimento raccolta e smistamento
complementi" poi "Addestramento complementi", "2° reggimento
complementi di fanteria" e "reggimento addestramento artiglieria".
Anche il battaglione misto genio si riordinò in ente addestrativo
per genieri e trasmettitori.
Il 15 maggio 1946 è inaugurata nell'attuale sede (caserma "T.
Monti") di Cesano di Roma la Scuola di Fanteria, che svolge
attività addestrativa, di studio e di sperimentazione di nuovi
materiali e mezzi, elabora le pubblicazioni tecniche e le nuove
attività addestrative.
Il 23 maggio 1982 riceve la nuova Bandiera di Guerra, concessa per
decreto il 23 marzo precedente.
Dal giorno 9 novembre 1984, cambiò la sua denominazione in Scuola
di Fanteria e Cavalleria, ritornando al precedente nome di Scuola
di Fanteria dall'11 gennaio 1992.
Motto: "Fortior ex adversis resurgo"
Alla Scuola di Fanteria è custodita la Bandiera
dell'Arma di Fanteria, insignita delle seguenti decorazioni:
Ordine Militare d'Italia - Decreto 5 giugno 1920
"Nei duri cimenti della guerra, nella tormentata trincea o
nell'aspra battaglia, conobbe ogni limite di sacrificio e di
ardimento; audace e tenace, domò infaticabilmente i luoghi e le
fortune, consacrando con sangue fecondo la romana virtù dei figli
d'Italia".
(1915 - 1918)
Ordine Militare d'Italia - Decreto 27 gennaio 1937
"Pari alla sua fama millenaria, espressione purissima delle
alte virtù guerriere della stirpe si prodigava eroica, generosa,
tenace in tutte le battaglie, dando prezioso contributo di valore
e di sangue alla vittoria".
(guerra italo etiopica, 3 ottobre 1935 - 5 maggio 1936)
Medaglia d'Oro al Valor Civile - Decreto 25 novembre 1996
"In occasione di grandi eventi alluvionali, interveniva
prontamente con uomini e mezzi nelle aree sinistrate e con
encomiabile slancio di solidarietà e spirito di sacrificio
approntava una preziosa opera di soccorso delle popolazioni
civili, prodigandosi incessantemente sin dalle prime ore per il
salvataggio di molte vite umane. Con ininterrotta ed immane
fatica, in condizioni meteorologiche particolarmente avverse ed in
situazioni di estrema difficoltà, allestiva tendopoli per i
senzatetto e consentiva il ripristino della viabilità e delle
comunicazioni. Dando prova, ancora una volta, di altissima
professionalità, di eccezionale abnegazione e di elevate capacità
tecniche, contribuiva al graduale ritorno alla normalità,
riuscendo così a dare conforto e fiducia ai cittadini, duramente
colpiti negli affetti e nei beni".
(Val Padana, novembre 1994)